Cherofobia: fa paura la felicità
Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associate a
modificazioni psicofisiologiche, che si verificano in risposta a stimoli
interni o esterni, naturali o appresi. In termini evolutivi la loro principale
funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a
situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della
sopravvivenza. La letteratura scientifica ha ampiamente confermato come questo
processo psicologico sia regolato da fattori cognitivi, ovvero da come viene valutato
cognitivamente un determinato evento, o da quali aspettative l’individuo ha verso
esso.
Un ruolo importante nell’influenzare la percezione e la
sperimentazione delle emozioni, oltre all’autovalutazione, è giocato dalla società. Studi recenti nell’ambito
della psicologia sociale hanno evidenziato, infatti, l’importanza delle
opinioni altrui nella produzione delle emozioni.
In un recente articolo di Bastian e colleghi del 2012, è emerso
come la desiderabilità sociale di certe emozioni rispetto ad altre
influenzi l’esperienza emotiva della persona e più in generale il suo benessere
psicologico.
Più forte è la percezione dell’aspettativa sociale di non provare
emozioni negative, più frequenti e intense sono le emozioni negative provate,
perciò, se l’individuo comprende di non poter provare certi sentimenti
percepirà maggior disagio emotivo e autosvalutazione quando li proverà.
Questo studio mette in luce le aspettative della società odierna
dove apparire felici e funzionanti sembra essere una necessità.
Cosa
accade quando l’individuo ha paura di esprimere le emozioni positive, quelle
universalmente e culturalmente accettate
Comprensibile e accettabile sembra essere la paura di provare
emozioni negative e dolorose nelle diverse esperienze di vita quotidiana, meno ragionevole
e chiaro, invece, appare il timore delle emozioni positive.
Colpendo sempre più persone oggi giorno, tale paura sembra giocare
un ruolo importante nel mantenimento del malessere psicologico, ostacolando in
modo attivo il buon esito degli interventi medici e psicoterapeutici.
Perché molte persone temono le emozioni
piacevoli e cercano di evitarle
Solitamente alla base
dell’evitamento dell’emozioni non è presente un problema di una natura
biologica o inconscia ma un bias cognitivo, che porta l’individuo alla
distorsione della percezione delle sensazioni provate.
Le emozioni
perciò, anche quelle positive, possono risultare pericolose sel’individuo le interpreta
negativamente e vi reagisce in maniera disfunzionale o non appropriata.
Ad esempio,
alcuni individui riportano un timore eccessivo per l’eccitazione in
quanto ritengono che essa li porti a perdere il controllo, quindi quando l’entusiasmo sale
tendono a frenarsi e a imporsi un forte e rigido autocontrollo.
Anche uno
stato di serenità e tranquillità (per esempio nel rapporto affettivo
con un compagno/a) può attivare di
preoccupazioni e paranoie tese a prevenire pericoli e minacce perché ci si
percepisce vulnerabili.
Infine, persino la soddisfazione e la felicità possono essere temute e interpretate come una prova
di ingenuità,
superficialità, scarso valore personale.
Non a caso sempre più spesso sentiamo parlare
della paura della felicità.
L'avversione alla felicità,
chiamata anche cherofobia o paura della felicità,
rappresenta un atteggiamento, per cui gli individui evitano consapevolmente le
esperienze che evocano emozioni positive o di gioia.
Ultimamente se ne è cominciato a
parlare molto grazie alla canzone di Martina Attili, una giovanissima cantante di
X Factor, che con il singolo “Cherofobia” racconta la storia di una ragazza che
si isola da tutto e da tutti per la paura di essere felice.
Ad oggi, la paura della felicità non compare nel manuale principale di
classificazione dei disturbi mentali (DSM-V) ma può essere definita come una forma
d’ansia anticipatoria che preclude di raggiungere la serenità.
Queste persone che soffrono di tale timore vivono
nella convinzione che se sperimenteranno momenti di felicità, qualcosa
di terribile potrà accadere loro da un momento all’altro. Tali
soggetti raggiungono mete, obiettivi e gioie con un senso di angoscia
profonda per il timore di quello che succederà dopo, nel peggiore dei casi scappano di
fronte a qualcosa che può renderli felici, effettuando un vero e proprio autosabotaggio verso
loro stessi.
I sintomi
Il cherofobico in
genere è una persona introversa, non appare
agli occhi degli altri particolarmente triste, tende ad agire silenziosamente e
solo contro se stesso ritenendo che la ricerca della felicità sia qualcosa
da evitare, una vera e propria perdita di tempo.
Questi soggetti pensano che sia molto sgradevole mostrare
la propria felicità agli altri e quindi tentano di nascondere le cose
belle che possono succedere. Il
cherofobico, perciò, rifiuterà vacanze da sogno, eviterà feste tanto
attese, non si butterà in esperienze che possono gratificarlo, non vivrà
situazioni felici per paura che subito dopo possa arrivare una punizione come
un periodo negativo o una notizia terribile.
Le cause della cherofobia
Una delle tante ragioni per le quali l’avversione alla
felicità potrebbe svilupparsi è la credenza che quando una persona diventa
felice, un evento negativo si verificherà presto come punizione alla
soddisfazione dell'individuo.
Le
principali ragioni per le quali i cherofobici evitano la felicità, infatti,
sono:
·
credere
che essere felici provocherà eventi negativi e che renda delle cattive persone;
·
credere
che esprimere e/o perseguire la felicità sia un male per la persona in sé e per
gli altri.
La cherofobia potrebbe avere radici profonde nella
prima infanzia. La persona che ne soffre potrebbe aver vissuto punizioni
o umiliazioni che hanno distrutto una situazione particolarmente felice.
Il cervello potrebbe aver
quindi registrato questa associazione tanto
da scatenare la paura irrazionale che si verifichi di nuovo.
Percepire la felicità come qualcosa di instabile e
poco durevole influenzerebbe l’aumento della paura di tale emozione.
Le ricerche, inoltre, mostrano come la felicità sia
influenzata dagli stili di attaccamento : le
persone con attaccamento insicuro possono sentirsi a disagio con l’espressione
o l’esperienza della felicità a causa di una maggiore tendenza ad utilizzare un
locus of control esterno che porta appunto ad attribuire all’esterno, piuttosto
che a se stessi, le cause e le responsabilità della propria e altrui
felicità/infelicità. Questa visione ben si concilia con la credenza secondo cui
la felicità non sarebbe sotto il controllo diretto della propria volontà e
quindi potrebbe scomparire da un momento all’altro.
La cura
Non esistono emozioni di tipo A o B, emozioni buone o
cattive, tutte hanno la stessa importanza per la sopravvivenza reale e sociale
dell’essere umano. Manifestarle liberamente, però, richiede un certo grado di
sicurezza interiore che appare sempre più ostacolato e stigmatizzato dalla
società odierna, il cui arrivismo e materialismo impediscono di manifestare
qualunque forma di debolezza e fragilità per non sentirsi meno validi e capaci.
Anche quando le emozioni vengono approvate dagli altri può
succedere che la loro espressione generi individualmente un profondo senso di
angoscia, una paura, una fobia. Grazie all’aiuto di professionisti esperti,
psicologi e psicoterapeuti, le persone che vivono tali situazioni di disagio
possono affrontarle. Un efficace psicoterapia può agire all’origine
dell’associazione felicità-punizione tipica dei cherofobici. Il paziente può
andare a fondo alle cause e iniziare un percorso di riabilitazione che lo
aiuterà a gestire le sue emozioni e vivere serenamente in tutti i suoi contesti
di vita.
Dott.ssa
Dorina De Blasi
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