Riflessioni sulla Philophobia

Nel Salotto di InOltre ci si prepara al terzo appuntamento con PsicoSoFà, ciclo di incontri a tema “relazioni di coppia”. Cuscini a terra, una tisana calda e storie di vita simili tra persone diverse che s’intrecciano in un abbraccio di sguardi e opinioni.

Argomento del giorno è la Philophobia, quella

<<paura d’amare qualcuno accettando il rischio di mostrarsi “nudi” di fronte all’altro>>

Proprio la parola rischio è una di quelle che i partecipanti associano alla paura di amare, ma rischiare cosa? Le parole che vengono tirate fuori dagli anfratti nascosti sono legate alla paura di soffrire: rifiuto, abbandono, vulnerabilità, ansia, giudizio, delusione, ferita… e di conseguenza fuga, chiusura, repressione, autosabotaggio, solitudine.
Questi sono solo alcuni dei termini scelti durante il brainstorming per spiegare il nucleo esperienziale attorno alla philophobia.

Ma cosa si intende per Philophobia?

Le persone che si definiscono tali hanno una paura irrazionale e persistente di essere amati e di amare. Gli individui che ne soffrono sono coloro che rifuggono dalle emozioni sperimentate nelle situazioni d’intimità che scaturiscono dal legame con l’Altro e che, di conseguenza, viene vissuto come minaccioso per la propria vita.
La Philophobia rientra quindi nella più ampia categoria delle fobie, presentendo la stessa sintomatologia e attivazione fisiologica caratteristica dell’ansia:
·       Tachicardia,
·       Sudorazione eccessiva,
·       Vertigini,
·       Nausea,
·       Disturbi gastrici,
·       Diarrea,
·       Senso di soffocamento
·       Paura ingiustificata anche se riconosciuta dal soggetto.

Questi sintomi sono accompagnati da comportamenti evitanti nelle relazioni amorose, messi in atto dal philophobico nel tentativo di sfuggire alla sensazione di malessere che scaturisce dalla vicinanza con l’Altro.
Caratterizzante nelle fobie è l’attrazione magnetica per l’”oggetto fobico”. Pur fuggendolo la persona lo ricerca in un circolo vizioso di attrazione-repulsione. La stessa dinamica è attuata dal philophobico, perennemente alla ricerca di un partner che soddisfi il bisogno di vicinanza affettiva donando così stabilità emotiva. L’avvicinamento alla persona desiderata si trasforma però nel rischio di rendere evidenti le proprie vulnerabilità, con l’aggiunta della percezione del philophobico di non saper amare genuinamente il partner. In questo modo l’Altro diviene una vera e propria fonte di pericolo da evitare.

Differenza tra il philophobico e il narcisista

La figura del philophobico potrebbe assumere gli stessi contorni di quella narcisistica, a cambiare è il bisogno nascosto, la matrice di quei comportamenti che in entrambi i casi sfociano in fughe e amputazioni nette di relazioni amorose.
Nel narcisismo è il bisogno frustrato in tenera età di rispecchiamento e idealizzazione a dover essere nutrito. Nelle relazioni interpersonali e in particolar modo quelle amorose la persona narcisista utilizza l’Altro come mezzo per raggiungere un’immagine di Sé ideale a cui non potrebbe aspirare da solo. L’Altro diviene un oggetto, uno strumento utile da tenere accanto fin quando appaga tale bisogno e da buttare e scartare nel momento in cui non assolve più il suo compito, ossia innalzare un’immagine perfetta di Sé.
Nella Philophobia invece il bisogno di rispecchiamento e contenimento in età infantile è stato soddisfatto in maniera intermittente, creando un senso di sfiducia e un’incapacità a donarsi spontaneamente agli altri.
Il philophobico è spinto dal desiderio sincero di ricevere amore e amare in quanto nell’infanzia ha sperimentato cosa significa essere amato ma, allo stesso modo, ha provato l’esperienza del rifiuto. La relazione amorosa quindi viene associata ad una luce intermittente che può creare calore ma anche buio freddo e sofferenza, nucleo pulsante della fobia d’amore di queste persone.

Il Ghosting

Uno dei comportamenti messi in atto dal philophobico è il cosiddetto ghosting, ossia sparire improvvisamente da una relazione amorosa senza dare spiegazioni al partner.
Chi attua il ghosting è colui che salta da una relazione all’altra, rifuggendo costantemente una stabilità affettiva e relazionale ed evitando il confronto con il partner per non affrontare i limiti della propria capacità di amare.
A livello psicologico può essere ricondotto ad una modalità evitante di fronteggiare quelle situazioni in cui scaturisce una sensazione di malessere e può essere considerato un vero e proprio disordine emotivo, messo in atto in modo abusante e violento al fine di voler troncare un rapporto interpersonale nella maniera più comoda possibile: abbandonando improvvisamente il partner.
Chi effettua il ghosting fronteggia la fine di una relazione nel solo modo che conosce avendolo probabilmente vissuto sulla propria pelle, con l’aggravante di aver dovuto imparare sin da piccolo a gestire tale esperienza autonomamente.
Nelle relazioni cosiddette “normali” la storia arriva al capolinea dopo aver percorso un itinerario che nell’ultimo periodo può essere risultato impervio. Campanelli d’allarme e discussioni in merito sono i segnali che portano entrambi i partner a essere consapevoli di quello che sta accadendo.
Nel ghosting invece è proprio questo periodo d’incubazione a mancare; il partner che subisce il ghosting viene improvvisamente abbandonato senza avere la possibilità di chiudere la relazione, rimanendo in una condizione sospesa che non permette il normale superamento della fine di un rapporto amoroso.
La vittima di ghosting può impiegare un tempo relativamente lungo per superare la perdita improvvisa e, in alcuni, casi può essere associata all’insorgenza di un disturbo post traumatico dovuto al brusco abbandono subito dal partner.

L’Orbiting

Altro comportamento che può essere inscritto nel modus operandi del philophobico è l’orbiting, ossia il riapparire di un ex-partner dopo la rottura di un rapporto amoroso.
La peculiarità di questo modo di fare risiede nel non ripresentarsi in maniera diretta al proprio ex così da evitare di mostrare un reale interesse a riallacciare i rapporti. Colui che lo mette in atto gira intorno alla sua vecchia fiamma proprio come un satellite gira intorno a un pianeta, rimanendo nell’ombra ma facendosi notare.
A livello psicologico viene messa in atto una strategia di tipo passivo-aggressivo che permette a chi rimane in orbita di scaricare le proprie spinte aggressive, andando così a compensare sentimenti d’inferiorità e insicurezza legati a vissuti precoci nell’infanzia.
I social hanno permesso il prolificare di tali atteggiamenti attraverso la pubblicazione di post, la possibilità di lasciare like e di “spiare” i profili interessati senza un reale contatto tra le persone.
La verità però è che la disponibilità di queste persone a iniziare una relazione amorosa matura è rimasta la stessa nel tempo: fittizia.

Il philophobico può riuscire ad amare?

Poiché la modalità intermittente di ricevere amore è rintracciabile nei primi anni di vita, ovvero nella relazione primaria che si instaura tra il neonato e la sua principale figura di attaccamento (spesso la madre), ciò che va lavorato affinché questa fobia venga superata è l’esperienza di relazione.
Molte persone pensano erroneamente di poter andare avanti a fare tentativi (spesso vani), più o meno consapevoli, di “ricerca” di una persona che sia in grado di creare un legame salvifico che rappresenti quindi il momento di passaggio dalla fobia relazionale ad un rapporto sano di coppia.
Altre persone rinunciano a questa possibilità e si definiscono “non bisognosi” di amore, pur sentendo in profondità il vuoto assoluto.
La relazione terapeutica può essere invece considerata un’esperienza relazionale correttiva di alcuni schemi affettivo – comportamentali disfunzionali. Permette cioè di creare nuovi vissuti rispetto all’esercizio dello stare in contatto con l’Altro, del sentire se stessi e i propri bisogni, dell’affrontare l’angoscia legata quindi alla paura di soffrire.

Dott.ssa Michela Palladini
Dott.ssa Ivana Siena

Commenti

Post popolari in questo blog

Workaholism. Ubriacatura da lavoro

Philofobia: la paura di amare

P̲s̲i̲c̲o̲-̲S̲o̲F̲à̲:̲ ̲I̲l̲ ̲s̲a̲l̲o̲t̲t̲o̲ ̲p̲s̲i̲c̲o̲l̲o̲g̲i̲c̲o̲ ̲d̲i̲ ̲I̲n̲O̲l̲t̲r̲e̲