Da tabù a bisogno: la masturbazione nel corso della storia


Salvador Dalì, "Il grande masturbatore" (1929)

Secondo le statistiche fornite da diverse ricerche, il 95% degli uomini, rispetto all’89% delle donne, ammette di masturbarsi. Più nello specifico, il 40% degli uomini e il 22% delle donne afferma di praticare l’autoerotismo quotidianamente.

Nonostante l’atto masturbatorio sia altamente diffuso, è considerato del tutto normale soltanto dal 13% della popolazione. Questo ci permette di poter affermare che, al giorno d’oggi, la masturbazione sia considerata ancora un tabù sessuale, nonostante i suoi innumerevoli benefici per entrambi i sessi.

Secondo il Cancer Council Victoria di Melbourne, procurarsi un orgasmo aiuta a ridurre il rischio di cancro alla prostata negli uomini, limitando il ristagno del seme, e favorisce l’afflusso di sangue alla vagina nelle donne. Gli scienziati, inoltre, hanno confermato che masturbarsi aiuta ad innalzare la soglia del dolore e a favorire la produzione di globuli bianchi, permettendo il rafforzamento sia del sistema immunitario quanto l’allungamento della vita stessa.

Ma la masturbazione è sempre stata vista come un tabù?

Se analizziamo la storia o il mondo dell’arte, possiamo comprendere che l’autoerotismo è una pratica molto antica, risalente almeno a 28.000 anni fa.

Nella caverna di Hohle Fels, in Germania, è stato ritrovato il più antico esemplare di fallo in pietra levigata. Ancora, nel Museo dell’Antica Cultura Sessuale di Shanghai, è esposto un fallo risalente a circa 4 mila anni fa. Paradossalmente in passato la masturbazione in Cina era considerata innocua per le donne ma pericolosa per gli uomini, poiché portava ad una dispersione della loro energia vitale.

Nell’antichità classica la masturbazione era considerata una pratica così naturale, che lo stesso filosofo Diogene usava masturbarsi in pubblico. Ancora, Galeno, nel II secolo d.C., vedeva l’autoerotismo come una pratica che aveva il potere di alleviare i disturbi nervosi nelle donne.

Se si guarda all’arte, soprattutto a quella del ‘900, è possibile affermare che l’autoerotismo viene totalmente sdoganato. Gustav Klimt, ad esempio, esaltò l’autosufficienza erotica femminile in numerosi dipinti. Ancora, Salvator Dalì dedicò al piacere solitario una delle sue opere più note: “Il grande masturbatore”. Infine, nella Parigi degli anni ’20, i Surrealisti, tra cui Breton e Bunuel, si riunivano nelle case per praticare dei riti autoerotici collettivi, visti come atti anticonformisti.

Quando la masturbazione iniziò ad essere condannata?

Con l’affermarsi del Cristianesimo, quest’ultima viene vista prima come un “rammollimento dell’animo” e successivamente come un “disordine morale”. San Tommaso d’Aquino, celebre teologo e filosofo italiano del XIII secolo, annoverò l’autoerotismo tra i peccati gravi contro natura. Questo perché l’uso deliberato della facoltà sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, ne contraddice la sua stessa finalità.

Con il trattato “Onanisme”, scritto dal medico svizzero Samuel Tissot, si diffuse un vero e proprio elenco sui danni causati dalla masturbazione. Tra questi troviamo l’epilessia, affiancata dalla debolezza fisica, per l’eccessiva dispersione dell’energia vitale, e la cecità, favorita dalla perdita di zinco post eiaculazione. Con l’avvento dell’Illuminismo, l’autoerotismo viene altamente condannato poiché gli istinti prevalevano a scapito della ragione, favorendo la solitudine dell’individuo.

Gli aspetti psicologici legati alla masturbazione

Attualmente la masturbazione viene condannata, oltre che dal Cristianesimo, anche da altre religioni tra cui quella ebraica, islamica, buddista ed induista. Questo ha favorito nell’individuo, nel momento in cui si normalizza l’autoerotismo, il timore di aderire ad una cultura peccaminosa e di assecondare un atto indicibile.

Tutto ciò porta inevitabilmente alla difficoltà per molte persone di dedicarsi all’esplorazione del proprio corpo. Le conseguenze sono molteplici: dalla mancata conoscenza dell’anatomia e del funzionamento delle proprie parti intime, alla concezione del piacere fisico come dono da dare esclusivamente all’altro. Si può ben pensare a quanto sia forte, pertanto, la frustrazione dovuta ad una tensione sessuale inespressa e quanto ci si predisponga ad una maggiore promiscuità, talvolta forzata, quando l’individuo non riconosce l’impulso sessuale come un bisogno fondamentale di cui prendersi carico.

 

Dott.ssa Valeria Vetrone

Fonte: www.focus.it
 

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