Da tabù a bisogno: la masturbazione nel corso della storia
Secondo le
statistiche fornite da diverse ricerche, il 95% degli uomini, rispetto all’89%
delle donne, ammette di masturbarsi. Più nello specifico, il 40% degli uomini e
il 22% delle donne afferma di praticare l’autoerotismo quotidianamente.
Nonostante
l’atto masturbatorio sia altamente diffuso, è considerato del tutto normale
soltanto dal 13% della popolazione. Questo ci permette di poter affermare che,
al giorno d’oggi, la masturbazione sia
considerata ancora un tabù sessuale, nonostante i suoi innumerevoli
benefici per entrambi i sessi.
Secondo il
Cancer Council Victoria di Melbourne, procurarsi un orgasmo aiuta a ridurre il
rischio di cancro alla prostata negli uomini, limitando il ristagno del seme, e
favorisce l’afflusso di sangue alla vagina nelle donne. Gli scienziati,
inoltre, hanno confermato che masturbarsi aiuta ad innalzare la soglia del
dolore e a favorire la produzione di globuli bianchi, permettendo il
rafforzamento sia del sistema immunitario quanto l’allungamento della vita stessa.
Ma la masturbazione è sempre stata vista come un tabù?
Se
analizziamo la storia o il mondo dell’arte, possiamo comprendere che
l’autoerotismo è una pratica molto antica, risalente almeno a 28.000 anni fa.
Nella
caverna di Hohle Fels, in Germania, è stato ritrovato il più antico esemplare di
fallo in pietra levigata. Ancora, nel Museo dell’Antica Cultura Sessuale di
Shanghai, è esposto un fallo risalente a circa 4 mila anni fa. Paradossalmente
in passato la masturbazione in Cina era considerata innocua per le donne ma pericolosa
per gli uomini, poiché portava ad una dispersione della loro energia vitale.
Nell’antichità
classica la masturbazione era considerata una pratica così naturale, che lo
stesso filosofo Diogene usava masturbarsi in pubblico. Ancora, Galeno, nel II secolo
d.C., vedeva l’autoerotismo come una pratica che aveva il potere di alleviare i
disturbi nervosi nelle donne.
Se si guarda
all’arte, soprattutto a quella del ‘900, è possibile affermare che
l’autoerotismo viene totalmente sdoganato. Gustav Klimt, ad esempio, esaltò
l’autosufficienza erotica femminile in numerosi dipinti. Ancora, Salvator Dalì
dedicò al piacere solitario una delle sue opere più note: “Il grande
masturbatore”. Infine, nella Parigi degli anni ’20, i Surrealisti, tra cui
Breton e Bunuel, si riunivano nelle case per praticare dei riti autoerotici
collettivi, visti come atti anticonformisti.
Quando la masturbazione iniziò ad essere condannata?
Con
l’affermarsi del Cristianesimo, quest’ultima viene vista prima come un
“rammollimento dell’animo” e successivamente come un “disordine morale”. San
Tommaso d’Aquino, celebre teologo e filosofo italiano del XIII secolo, annoverò
l’autoerotismo tra i peccati gravi contro natura. Questo perché l’uso deliberato
della facoltà sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, ne
contraddice la sua stessa finalità.
Con il
trattato “Onanisme”, scritto dal medico svizzero Samuel Tissot, si diffuse un
vero e proprio elenco sui danni causati dalla masturbazione. Tra questi
troviamo l’epilessia, affiancata dalla debolezza fisica, per l’eccessiva
dispersione dell’energia vitale, e la cecità, favorita dalla perdita di zinco
post eiaculazione. Con l’avvento dell’Illuminismo, l’autoerotismo viene
altamente condannato poiché gli istinti prevalevano a scapito della ragione,
favorendo la solitudine dell’individuo.
Gli aspetti psicologici legati alla masturbazione
Attualmente
la masturbazione viene condannata, oltre che dal Cristianesimo, anche da altre
religioni tra cui quella ebraica, islamica, buddista ed induista. Questo ha
favorito nell’individuo, nel momento in cui si normalizza l’autoerotismo, il
timore di aderire ad una cultura peccaminosa e di assecondare un atto
indicibile.
Tutto ciò
porta inevitabilmente alla difficoltà
per molte persone di dedicarsi all’esplorazione del proprio corpo. Le conseguenze
sono molteplici: dalla mancata conoscenza dell’anatomia e del funzionamento
delle proprie parti intime, alla concezione del piacere fisico come dono da
dare esclusivamente all’altro. Si può ben pensare a quanto sia forte, pertanto,
la frustrazione dovuta ad una tensione
sessuale inespressa e quanto ci si predisponga ad una maggiore promiscuità,
talvolta forzata, quando l’individuo non riconosce l’impulso sessuale come un
bisogno fondamentale di cui prendersi carico.
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