Dipendenza affettiva: quando l'amore diventa una droga
La dipendenza
all’interno di una relazione di per sé non è patologica, soprattutto se
presente nella fase dell’innamoramento, caratterizzante le prime fasi del
rapporto.
All’interno
di quest’ultima è presente un alto grado di fusione con il partner, il quale
man mano diminuirà nel tempo a seguito dello stabilizzarsi della relazione.
Nel momento
in cui l’amore si tramuta in ossessione, è possibile parlare di dipendenza
affettiva disfunzionale (DA).
Ma cosa intendiamo per dipendenza
affettiva?
Questa è definibile
come uno stato patologico in cui il rapporto con l’altro viene visto come
indispensabile e necessario per la propria esistenza, a tal punto che il
dipendente affettivo sarà portato ad annullare se stesso con i propri bisogni.
Seppur non
sia inclusa nei più noti manuali nosografici dei disturbi mentali, numerosi
autori ne hanno sottolineato le numerose somiglianze con le dipendenze
comportamentali e, nello specifico, con la Dipendenza da Sostanze (Reynaud et al.,
2010; Sussman, 2010; Burkett & Young, 2012; Fisher et al., 2016).
Questo perché, come l’assunzione di droghe conduce alla dipendenza fisica, alla
ricerca costante della sostanza, al ritiro dalla vita, dovuto dalle sensazioni
di colpa e vergogna, e a possibili future ricadute, similmente la DA è caratterizzata dall’astinenza, dalla
riduzione delle attività sociali e di svago e alla costante ricerca del proprio
partner.
Infatti, il
dipendente affettivo ha bisogno della presenza fisica costante dell’altro,
investe una quantità di tempo eccessivo da dedicare alla relazione e
soprattutto, nonostante quest’ultima sia nociva, necessita della sua ricerca e
presenza costante.
Per capire
meglio le sovrapposizioni tra la dipendenza affettiva e la Dipendenza da
Sostanze, Mark Griffith, nel 2005, ha strutturato il “Modello
delle componenti della dipendenza”, in cui il comportamento dipendente
viene descritto attraverso sei dimensioni quali: preminenza, influenza sul tono
dell’umore, tolleranza, sintomi d’astinenza, conflitto e recidiva.
La preminenza fa riferimento all’aspetto
comportamentale, poiché la relazione assume una rilevanza eccessiva nella vita
della persona, a discapito dei suoi sentimenti e pensieri.
L’influenza sul tono dell’umore indica
le conseguenze di tipo emotivo all’interno del comportamento di dipendenza.
La tolleranza sottolinea
l’intensificarsi del comportamento, in questo caso il tempo trascorso con il
partner, e l’allontanamento sia dalle attività da poter svolgere in autonomia
quanto dai contatti con le altre persone.
I sintomi di astinenza prevedono la
presenza di stati d’animo e conseguenze fisiche spiacevoli, quali ansia,
panico, depressione, nel momento in cui il partner viene percepito come
distante sia emotivamente che fisicamente. Il conflitto fa riferimento allo
stato conflittuale di tipo interpersonale tra la dipendenza e la sua
incompatibilità con le attività personali dell’individuo. Infine, la recidiva
indica la presenza di ricadute nel disturbo dopo delle fasi di sospensione.
Cosa ci insegna questo modello di Griffith?
Con molta probabilità che l’amore può divenire
una sostanza d’abuso in grado di creare dipendenza, poiché stimola le
aree cerebrali legate alla ricompensa, esattamente come accade con l’assunzione
di droghe. Il dipendente affettivo considera le emozioni del partner più
importanti rispetto alle proprie, investe tutto il suo tempo per controllare
l’altro, ha difficoltà a prendere delle decisioni in modo autonomo, vive nel
terrore di essere abbandonato, a tal punto che farebbe di tutto pur di evitare
di rimanere solo o di essere rifiutato e soprattutto, ignora tutte le
conseguenze negative prodotte dalla relazione.
Da una prospettiva psicologica, è possibile affermare che la dipendenza
affettiva sia connessa con uno stile di attaccamento insicuro
ambivalente/resistente, in cui i caregivers, presenti in modo discontinuo ed intermittente, sono caratterizzati, a loro
volta, da uno stile d’attaccamento insicuro, evitante o disorganizzato. Si mostreranno o iperprotettivi ed eccessivamente limitanti
o noncuranti dei limiti, portando il figlio a strutturarsi da sé le proprie
regole. Tutto ciò poterà quest’ultimo a credere di non essere degno d’amore,
che i suoi bisogni siano poco importanti e a sviluppare un forte bisogno di
protezione quanto una bassa autostima.
E’ possibile rintracciare la dipendenza
affettiva in alcune strutture di personalità, come quella Dipendente di
Personalità, del Disturbo Borderline di Personalità e del Disturbo
Narcisistico. Nel primo, l’efficacia dell’individuo è fortemente connessa alla
presenza di una relazione stabile con l’altro. Nel secondo è presente il timore
dell’abbandono, che, per essere evitato, porterà la persona a spingersi oltre i
suoi limiti. Nell’ultima struttura di personalità, l’immagine positiva di sé
dipende dalla costante ammirazione dell’altro, che dovrà essere sempre
disponibile ogni volta che vi sarà la necessità di ristabilire il livello
d’autostima.
È possibile
uscire dalla dipendenza affettiva?
Un percorso di psicoterapia può aiutare la persona a prendere consapevolezza circa il proprio funzionamento, in modo da rilevare la motivazione sottostante la dipendenza, e a modificare l’attaccamento insicuro. Questo faciliterà sia la nascita di legami soddisfacenti e sia il miglioramento dei livelli d’autostima, dopo aver modificato gli schemi comportamentali.
Così
facendo l’individuo sarà in grado di riconoscere le sue trappole cognitive ed
emotive, riuscendo così ad uscire dal proprio grado
di sofferenza.
Dott.ssa Valeria Vetrone
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