Christmas Blues. La depressione natalizia
È normale essere tristi a Natale?
A molti può sembrare strano, ma le luci colorate, le feste,
le cene in famiglia e tra amici, l’acquisto dei regali e in più in generale le
festività natalizie generano in alcune persone un profondo malessere.
Gli studiosi hanno definito questo fenomeno come “depressione natalizia”, o il
Christmas Blues, un cambiamento nell’umore che emerge a Dicembre e che si
manifesta maggiormente tra Natale e Capodanno.
Molti psicoterapeuti, durante questo periodo, hanno riscontrato un aumento
delle richieste d’aiuto del 20%.
È proprio in prossimità delle feste che alcune persone
percepiscono la propria condizione in maniera più pessimistica, con conseguenze
sullo stato fisico ed emotivo, ignorando la causa reale del proprio malessere,
che rimane incompreso da se stessi e soprattutto dagli altri.
Tra i sintomi maggiormente riportati ci sono mal di testa,
mancanza di appetito, sensi di colpa, diminuzione dell’interesse in attività
piacevoli, insonnia e agitazione o ansia.
Il Dottor Luigi Janiri spiega che queste celebrazioni
richiamano alla mente ciò che nella storia del soggetto risuona in maniera più
dolorosa, scatenando delle vere e proprie depressioni. È la festa “emblema
della famiglia”, quindi il disagio aumenta se si vive una situazione in casa
dolorosa, traumatica, inesistente o se si è persa una persona cara.
Per molti, questo è il periodo più atteso dell’anno: le città vengono addobbate
con luci colorate, le piazze mostrano i loro maestosi alberi, le vetrine dei
negozi fanno a gara per qual è la più bella e decorata e i bambini attendono
l’arrivo di Babbo Natale.
Cosa influenza la depressione natalizia
Sembra respirare un vero e proprio profumo che riscalda il
cuore, ma il Natale è caratterizzato anche da molti fattori stressanti.
Spesso è proprio il carico di obblighi, doveri e impegni a cui si è tenuti
essere sempre presenti e sorridenti a determinare un aumento dello stress. Il
Natale, infatti, è caratterizzato dalle cene familiari con persone più o meno
gradite, dall’acquisto di regali, che può generare ansia o per l’aumento delle
aspettative da soddisfare nei confronti di amici e parenti o per le ridotte
possibilità economiche, dalla tendenza a tirare le somme per la fine dell’anno
imminente che costringe molte persone a fare i conti con le aspettative non
realizzate sia in campo affettivo che lavorativo. Questo periodo può essere
considerato un vero e proprio momento di transizione perché l’arrivo del nuovo
anno rappresenta un cambiamento verso qualcosa di sconosciuto nel quale vengono
riversate le speranze per un futuro migliore generando nelle persone più
insicure la paura di restare bloccate nel passato.
Non si tratta di un malessere ereditario, ma certamente si
può notare come alcune persone siano più predisposte di altre. Riguarda
principalmente adulti o giovani adulti e coloro i quali hanno una sensibilità
molto accentuata e risentono in maniera forte degli eventi ambientali e
interpersonali e del clima che li circonda.
Anche le poche ore di luce influiscono a livello cerebrale
sull’umore. Finora non si conoscevano i circuiti neuronali attraverso i quali
si esplica questa influenza delle condizioni di luce, né era chiara la funzione
di tali circuiti. L'ipotesi prevalente era che le variazioni dell'esposizione
al sole alterassero i ritmi circadiani (i processi che controllano il nostro
“orologio biologico” con ciclo di 24 ore). Ad oggi invece i ricercatori hanno
individuato anche la via neuronale che media questa processo: si tratta delle
cellule gangliari retinali fotosensibili.
È possibile superare la Depressione Natalizia?
Sì. Il clima festoso può farci sentire tristi o malinconici
quindi, questo non significa essere “sbagliati” e non significa non poter fare
nulla per risolvere questo stato di malessere ciclico e perenne negli anni.
Lo si può infatti affrontare se lo si guarda come
un’opportunità per andare più a fondo nelle proprie difficoltà emotive
quotidiane, spesso celate da trambusto del lavoro, dei doveri e piaceri, più in
generale del “fare” che riempie il nostro tempo. Se i segnali di malessere che
la nostra mente ci invia durante il resto dell’anno, vengono visti, accolti e
interpretati, una depressione di questo tipo può essere colta all’origine e
lavorata al meglio.
L’inattività porta a sentire più forte la solitudine, la
solitudine porta a sentire ampiamente il vuoto interiore, il vuoto porta alla tendenza a riempirlo o a evitarlo
attraverso tutte le attività possibili. Tuttavia questo non lo fa scomparire,
l’inattività lo evidenzia e il ciclo ricomincia.
Proprio il vuoto, infatti, rappresenta le nostre ferite più
antiche che non devono sparire e che non si possono eliminare. Si
possono però curare modificando non l’evento in sé che ha creato il dolore, ma
il vissuto ad esso correlato. Tutto ciò permette una gestione adeguata dei
propri sentimenti e di conseguenza del proprio umore.
Il disagio va quindi prima riconosciuto, poi espresso e, se e quando
diventa invasivo e condizionante, va lavorato attraverso l’aiuto di
professionisti specializzati e competenti.
Il self – help diventa quindi solo l’ennesimo “tappo”
inutile per il nostro vuoto interiore.
Riferimenti:
Anna Llenas, Il Buco – Gribaudo 2016
Dott.ssa Annapia Sessa
Dott.ssa Dorina De Blasi
Dott.ssa Ivana Siena
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